Il luogo era definito dall’erudito patavino Giacomo Filippo Tommasini “ameno e lieto di uve, di piante, di acque e di aria soave”, ma alla fine del 600 Francesco Rosa trovò il giardino in abbandono ne fece ridisegnare l’assetto in forme scenografiche. Da un portale di pilastri a bugne sormontati da statue, chiuso da un cancello in ferro battuto a complesse volute e disegni floreali, si accede a un lungo viale bordato da un doppio filare di rose e da una siepe di rosmarino che termina in uno stazzo ellissoidale con al centro un’aiuola con fontana, decorato da statue di divinità mitologiche poste su basamenti. Sul retro della villa si distende un lungo parterre rettangolare incassato fra mura con fontana al centro, concluso in fondo dalla chiesuola al centro di un’esedra e con due esedre più piccole sui lati lunghi.
Strutture architettoniche
ChiesuolaEsedra
Fontana
Parterre
Portale
Statua.